La cessazione degli effetti civili nelle diverse fattispecie
Matrimonio e divorzio
Il percorso che conduce una coppia al divorzio è quasi sempre lungo e travagliato. Il primo passo che si compie è di solito quello della separazione. Tuttavia, non sempre i coniugi si trovano d’accordo sulle modalità con cui questa dovrà avvenire. E’ per questo che la normativa prevede due modalità: quella consensuale e quella giudiziale, sulla base della volontà delle parti.
Ma facciamo un passo indietro.
Il matrimonio, che sia religioso (celebrato in Chiesa e quindi concordatario) o semplicemente civile (celebrato al Municipio) ha, in ogni caso, riconosciuti da parte dello Stato degli effetti civili. Il matrimonio è, infatti, quell’istituto giuridico che unisce un uomo e una donna, i quali decidono volontariamente di diventare marito e moglie e di adempiere ad una serie di obblighi giuridici previsti dal Codice Civile. Tali effetti civili possono essere annullati dall’istituto giuridico del divorzio.
Il divorzio, introdotto con la Legge n. 898 del 1 dicembre 1970, produce la cessazione degli effetti civili derivanti dal matrimonio (e non di quelli religiosi) poiché viene accertata l’interruzione della comunione spirituale e materiale dei coniugi, considerate come una prerogativa della vita matrimoniale dei coniugi.
Per ottenere il divorzio, i consorti dovranno rivolgersi ad un Tribunale, il quale sia in caso di separazione consensuale che giudiziale, dovrà emettere una sentenza che decida su una serie di punti quali la destinazione dell’abitazione familiare, l’affidamento della prole, l’assegno di mantenimento ed altre questioni patrimoniali.
Come già anticipato, è possibile che i consorti siano entrambi d’accordo sulla decisione di intentare una causa di separazione ma può anche avvenire che tale strada venga intrapresa solo da uno dei consorti. Il Codice Civile prevede entrambe le ipotesi.
Artt. 150 del codice civile e ss
La separazione personale dei coniugi è disciplinata dagli artt. 150 e seguenti del Codice Civile.
E’ necessario sottolineare che questa è nettamente differente dal divorzio. La prima, infatti, non produce la cessazione di tutti gli effetti civili derivanti dal matrimonio ed ha carattere transitorio. A differenza del divorzio i consorti non dismettono il titolo di coniuge ma tali resteranno fino a quando un Giudice non emetterà una sentenza di divorzio. I consorti che si separano, infatti, possono in qualunque momento riconciliarsi, semplicemente recandosi al proprio Comune di residenza e rilasciando una dichiarazione di riconciliazione.
La cessazione degli effetti civili
Dalla separazione personale tra i coniugi deriva semplicemente la cessazione di alcuni effetti civili derivanti dal matrimonio: la coabitazione, l’obbligo di fedeltà e la comunione legale dei beni. Resistono, invece, tutti gli altri obblighi quali quello di contribuire limitatamente alle proprie possibilità alle esigenze della vita familiare, partecipare all’educazione della prole e mantenere il coniuge più debole.
Separazione consensuale
In questa ipotesi, i coniugi di comune accordo, si recano avanti un Tribunale e, spesso con l’ausilio del proprio difensore di fiducia (che non è obbligatorio nel caso di consensuale) depositano il ricorso che da avvio alla procedura. Nel ricorso dichiarano di essere d’accordo su tutti i punti oggetto della separazione (affidamento della prole e dell’abitazione familiare, divisione dei beni, assegno di mantenimento, etc.). Fatto ciò, il Giudice stabilisce la data di udienza per la comparizione delle parti, nella quale deve espletare un tentativo obbligatorio di conciliazione.
Una volta fallito il tentativo di conciliazione, poiché, soprattutto nel caso della consensuale, i consorti volontariamente e di comune accordo si sono recati dal Giudice per separarsi e certamente non intendono riconciliarsi, quest’ultimo, dopo aver valutato i punti oggetto della separazione ed averli ritenuti equi e non pregiudizievoli per nessuno dei due coniugi ma soprattutto per i figli, emette il decreto di omologa che ne determina il diritto. Dall’emissione di tale decreto, dovranno trascorrere tre anni senza che questi si riconcilino, al fine di poter dare avvio alle pratiche di divorzio.
Giudiziale
Quando, solo uno intende separarsi dall’altro, il percorso che si intraprende è quello della separazione giudiziale. Questo può avvenire quando uno dei due coniugi viene meno ad uno o a più obblighi derivanti dal matrimonio (fedeltà, coabitazione, cura della prole), oppure quando entrambi intendono separarsi ma si trovano in disaccordo su uno o più punti. Al posto loro, sarà il Giudice a decidere su ognuno dei punti sui quali questi si trovano in disaccordo. Pur tuttavia, è possibile che un ricorso per la separazione giudiziale tra i coniugi, in corso di giudizio, venga convertito in consensuale, se durante il percorso intrapreso, questi si mettono d’accordo sulle modalità con cui separarsi. Al contrario, non è possibile che una separazione consensuale diventi giudiziale, senza che sia avviata una nuova procedura e quindi un nuovo ricorso.
Di fatto
Quest’ultima, oltre a non produrre nessun effetto civile, è considerata semplicemente come il primo passo verso la separazione personale dei coniugi. Essa avviene, infatti, quando uno dei due lascia l’abitazione familiare e va a vivere altrove. Nonostante ciò deve continuare a prendersi cura dei figli e, in generale, sottoporsi all’adempimento di ogni obbligo derivante dal matrimonio. Sebbene sia stato eliminato il reato di abbandono del tetto coniugale, l’andare a vivere altrove e lasciare l’abitazione familiare, rendendosi inadempiente rispetto agli obblighi familiari, in particolare nei confronti del coniuge più debole che non può mantenersi da solo, può costituire motivo di presentazione di querela nei confronti del coniuge che si è allontanato ma non è più sanzionabile da parte del Giudice. L’unico effetto che tale modalità può avere è quello di costituire un elemento per addebitare la colpa al coniuge che ha violato gli obblighi familiari e che si è quindi allontanato dall’abitazione familiare. La separazione personale, che sia consensuale o giudiziale, mina tutti gli equilibri tra marito e moglie e, purtroppo, tra genitori e figli.
Bisognerà, decidere su innumerevoli questioni patrimoniali, su ogni bene acquistato comunemente e separatamente, sull’assegnazione dell’abitazione che aveva costituito il focus del nucleo familiare (magari oggetto di infiniti sforzi e sacrifici), sulla quantificazione dell’assegno di mantenimento nei confronti del coniuge più debole (di solito oggetto di estenuanti liti, anche per mezzo di estranei avvocati), ma soprattutto, cosa più dolorosa, sull’assegnazione dei figli e sul loro mantenimento.
Questi ultimi sono solitamente oggetto di contrasti, vendette e ritorsioni da parte di quelli che un tempo erano due coniugi e adesso sono rivali accaniti.
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