Richiamo storico e caso concreto
L’ordinamento giuridico italiano si fonda sulla tripartizione dei poteri. Questi sono legati fra loro da fragili equilibri. In particolare vi è la possibilità di un controllo da parte del Parlamento sull’operato dell’esecutivo. Le Camere infatti esercitano un controllo di indirizzo politico sul Governo. Il rapporto che lega il potere legislativo con quello esecutivo è quello della fiducia che viene conferita al momento della formazione del nuovo Governo e che può essere tolta così come stabilito nella Carta Costituzionale.
Sfiducia individuale
L’art. 94 Cost. sancisce che:
” Ciascuna Camera accorda o revoca la fiducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale. […] La mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un decimo dei componenti della Camera e non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione”.
Da una prima lettura di tale disposizione non emerge chiaramente se possa essere sfiduciato soltanto il Governo nella sua interezza o anche un singolo componente del Consiglio dei Ministri. Originariamente infatti si è discusso a lungo sulla possibilità di procedere alla cd. sfiducia individuale, ossia alla sfiducia di uno o più Ministri senza necessariamente far venire meno l’Esecutivo.
Ad oggi si ritiene possibile procedere alla sfiducia di un membro del Governo grazie al combinato disposto dell’art. 94 e dell’art. 95 della Costituzione; infatti all’art. 95 il legislatore ha stabilito che:
” I Ministri sono responsabili collegialmente degli atti del Consiglio dei Ministri, ed individualmente degli atti dei loro dicasteri”.
La responsabilità è stata intesa sia in senso civilistico sia in senso politico ritenendo pertanto che il Parlamento potesse procedere alla mozione di sfiducia.
Procedimento di sfiducia
Il meccanismo per procedere alla sfiducia individuale è analogo a quello della sfiducia del Governo.
Almeno un decimo dei componenti della Camera deve firmare la mozione di sfiducia che va discussa non prima di tre giorni dalla sua presentazione. Dopo il voto che avviene per appello nominale se la mozione viene approvata il Governo o il Ministro sfiduciato devono rassegnare le dimissioni, al contrario se la mozione non ha esito positivo non vi è l’obbligo delle dimissioni.
La sfiducia può dare luogo ad una crisi di governo parlamentare, può portare a dover sistemare un nuovo assetto governativo e nei casi più gravi anche a nuove elezioni quando si assiste ad una crisi politica insanabile ed in Parlamento non si forma nessuna maggioranza che possa sostenere l’esecutivo.
La sfiducia individuale nella storia repubblicana
La prima proposta di sfiducia individuale risale al 1986 contro il Ministro degli Esteri Andreotti. Ciò ha spinto la Camera a prevedere esplicitamente all’art. 115 del suo regolamento la possibilità di procedere alla sfiducia individuale di un Ministro nelle stesse modalità e con gli stessi limiti previsti dall’art. 94 Cost. per il Governo.
In seguito nel 1995 è stata proposta la sfiducia nei confronti del Ministro della Giustizia Mancuso, sfiduciato dal Senato. Questo ha fatto si che venisse proposta alla Corte Costituzionale la questione di legittimità e conformità dell’istituto della sfiducia individuale con la forma di governo parlamentare. La Corte con la sentenza n. 7/1996 ha riconosciuto la legittimità di tale procedimento.
Nel corso degli anni numerose altre mozioni di sfiducia sono state proposte diventando uno strumento politico per riaffermare la fiducia nei confronti dell’esecutivo o per in qualche modo avvertire il Governo o il Ministro di turno di cambiare determinati atteggiamenti poco tollerati dal potere legislativo.
La mozione di sfiducia al Ministro Bonafede
In data 20/05/2020 si sono discusse le mozioni di sfiducia contro il Ministro della Giustizia Bonafede presentate una dalla “Lega” e l’altra da “Più Europa” e “Azione”. Fa riflettere che l’operato del Ministro sia stato messo in discussione da forze politiche di opposte fazioni.
I motivi della sfiducia erano legati all’operato del Ministro durante l’emergenza sanitaria per il Covid-19 e ad alcune riforme promesse e rimaste ancora inattuate.
Nell’aula del Senato si è contesta la violazione dei principi del giusto processo, del mancato rispetto del progetto di riforma della giustizia, della problematica questione delle scarcerazioni dei boss-mafiosi che stavano al regime del 41 bis, delle rivolte nelle carceri mal gestite e la riforma delle intercettazioni.
La mozione è stata respinta come la maggior parte delle volte.
Nella prassi si può sostenere che tale strumento sia diventato un mezzo per rimettere in gioco e verificare delicati equilibri politici piuttosto che essere un mezzo di valutazione della responsabilità politica.
Dott.ssa Giulia Mancino