Le fattispecie idonee a dare luogo all’insorgenza dell’obbligazione si qualificano come fonti dell’obbligazione
L’art. 1173 del codice civile è una disposizione normativa che apre la disciplina generale delle obbligazioni, suddividendo le fonti nelle tre diverse categorie del contratto, del fatto illecito e degli altri atti o fatti idonei a produrre obbligazioni in conformità con l’ordinamento giuridico.
Rimanendo nel citato contesto delle fonti dell’obbligazione, è possibile rimarcarne il collegamento con il c.d. contatto sociale alla stregua di importanti pronunce giurisprudenziali (cfr. Corte di Cassazione del 26 giugno 2007, n. 14712; Corte di Cassazione, sentenza 8 ottobre 2008, n. 24791).
A tale particolare strumento giuridico la giurisprudenza ha fatto spesso riferimento per inquadrare determinate fattispecie quali, ad esempio, quella del medico che viola l’obbligo terapeutico nei confronti di un paziente che non sia legato a lui, ma alla clinica da un vincolo contrattuale o della banca, ancora, che, violando l’art. 43 della legge sugli assegni, consenta la riscossione di un assegno nominativo da parte di un soggetto non legittimato alla riscossione dell’assegno medesimo.
Il collegamento con la responsabilità contrattuale
Fino al 1999 queste fattispecie erano state pacificamente ricondotte nell’alveo della responsabilità aquiliana, perché in tutte queste fattispecie ciò che manca è il contratto quale fonte dell’obbligo contrattuale e quindi la responsabilità partorita da tali illegittime condotte è una responsabilità da fatto illecito che trova la sua ratio all’interno dell’art. 2043 del codice civile.
Successivamente, con l’intervento delle Sezioni Unite della Suprema Corte di cassazione, si afferma che per responsabilità contrattuale si intende una responsabilità da inadempimento di una obbligazione e quindi non rileva che questa abbia o meno una fonte contrattuale; ciò che rileva è invece, come detto, che vi sia un obbligo primario, specifico consensuale e positivo come quello che sorge dal contratto, il cui inadempimento generi un obbligo risarcitorio di tipo secondario.
In altri termini, si qualifica come responsabilità contrattuale una casistica che abbraccia tutte le ipotesi in cui l’obbligo risarcitorio nasce come conseguenza della violazione di un precedente obbligo giuridico che sia specifico, consensuale e positivo, e che in quanto tale si differenzia e si contrappone al c.d. neminem laedere che è un dovere generico, legale e fondamentalmente negativo, pur non essendo un obbligo giuridico in senso tecnico, ma un mero dovere generico.
Ciò premesso, la giurisprudenza chiarisce che i suddetti obblighi primari possono discendere anche da un contatto sociale che l’Ordinamento equipara, per intensità degli obblighi ed entità delle sanzioni, ad un vero e proprio contratto.
Poiché, però, per definizione, solo dal contratto sorgono obblighi prestazionali, gli obblighi che non hanno la propria fonte nel contratto, ma la cui violazione genera comunque una responsabilità contrattuale, si qualificano quali obblighi di protezione, che però sono tuttavia ontologicamente identici ai doveri di prestazione.
Quindi, riassumendo, la Cassazione equipara al contratto che genera obblighi prestazionali, il contatto sociale che genera obblighi di protezione, orfani di obblighi di prestazione, ma che siano identici sul piano della natura, della responsabilità e del regime consequenziale del risarcimento.
L’orientamento della giurisprudenza di legittimità. Le implicazioni sul termine di prescrizione
La Cassazione – con un’altra importante pronuncia delle Sezioni Unite (cfr. sentenza n. 14712 del 26 giugno 2007) – ha risolto l’annoso contrasto giurisprudenziale.
È opportuno sintetizzare i tratti essenziali dal caso sottoposto al suo esame.
Una banca girataria per l’incasso pagava un assegno non trasferibile a persona non legittimata, in violazione dell’art. 43 del R.D. 1736/1933, venendo così citata in giudizio dalla banca trattaria per il risarcimento del danno. Il Tribunale riteneva decorso il termine quinquennale di prescrizione, qualificando la responsabilità della convenuta come extracontrattuale.
In secondo grado, tuttavia, la Corte d’Appello accoglieva la domanda della banca trattaria, in adesione, viceversa, alla natura contrattuale di tale responsabilità.
Veniva, così, sottoposto il ricorso alle Sezioni Unite che, nel respingerlo, pronunciavano il principio di diritto secondo cui la banca che, negoziando assegni circolari o bancari non trasferibili, effettua il pagamento a persona diversa dal prenditore è responsabile “per contatto sociale”, poiché il banchiere, in virtù della sua specifica professionalità, è gravato da obblighi di protezione nei confronti dei soggetti con cui entra in rapporto, nell’espletamento dei servizi richiesti.
Di conseguenza, la relativa azione di responsabilità è contrattuale e si prescrive nell’ordinario termine decennale.
In conclusione è possibile affermare che la qualificazione di un’azione promossa dinanzi ad un organo giurisdizionale come responsabilità di tipo contrattuale da “contatto sociale qualificato”, “inteso come fatto idoneo a produrre obbligazioni (…) e dal quale derivano, a carico delle parti, non obblighi di prestazione (…) bensì reciproci obblighi di buona fede, di protezione e di informazione, (…) comporta la conseguente applicabilità del termine decennale di prescrizione sancito dall’art. 2946 c.c., e non di quello quinquennale di cui all’art. 2947 c.c.. (cfr. Cassazione civile sez. I, 27/10/2017, n. 25644).