Scegliere il giusto regime patrimoniale
Un pò di storia
Sino alla riforma del diritto di famiglia (l. 19 maggio 1975, n. 151), il regime
della separazione dei beni costituiva il regime legale dei rapporti patrimoniali fra i coniugi. In altre parole, in assenza di una diversa espressa volontà degli sposi, ciascuno di essi non solo restava titolare esclusivo dei propri beni ma anche di quelli acquistati successivamente al matrimonio.
Al fine di favorire l’attuazione del principio costituzionale della parità dei coniugi, la riforma del 1975 ribaltò la precedente impostazione, individuando nella comunione dei beni il regime ordinario. In seguito alla riforma del diritto di famiglia, dunque, in mancanza di una volontà contraria dei consorti, gli acquisti da loro compiuti ricadono in comproprietà tra loro.
Il legislatore, anche in ragione della situazione di fatto allora più ricorrente, mirava a favorire condizioni materiali che fossero da presupposto l’effettivo
esercizio di uguali poteri da parte dei consorti e a compensare i sacrifici compiuti dal coniuge economicamente più debole per la formazione del patrimonio familiare.
Oggi, le statistiche (cfr. http://demo.istat.it/altridati/matrimoni/) segnalano una tendenza alla fuga dal regime della comunione ed al ritorno a quello di separazione. Come accennato, difatti, i consorti possono scegliere un diverso regime convenzionale, in sostituzione del regime legale della comunione. In particolare, la volontà dei coniugi può istaurare tre tipi di regimi convenzionali: la separazione dei beni, la comunione convenzionale e il fondo patrimoniale.
Prima di soffermarsi sul primo dei tre regimi convenzionali, risulta opportuno menzionare preliminarmente i principali caratteri del regime legale della comunione dei beni.
I due regimi
Ai sensi dell’art. 177 c.c., l’oggetto della comunione legale tra i coniugi è costituito, in primis, dagli acquisti compiuti dagli stessi, in costanza di matrimonio, congiuntamente o separatamente. I beni già appartenenti al coniuge in precedenza rimangono, pertanto, esclusi, così come gli altri beni personali, che vengono individuati dal legislatore in quelli acquisiti da uno dei consorti, dopo il matrimonio, ma per effetto di donazione o successione mortis causa, nei beni strettamente personali di ciascun coniuge, in quelli finalizzati all’esercizio della professione, e in quelli ottenuti a titolo di risarcimento di un danno. Se uno di questi viene trasferito e con il prezzo viene acquistato un altro bene, anche quest’ultimo non entrerà a far parte della comunione.
Per i frutti dei beni propri di ciascun coniuge e per i proventi dell’attività separata di ciascuno di essi la comunione non è immediata, ma differita, se sussistenti e non ancora consumati, al momento dello scioglimento della stessa.
Per quanto concerne l’amministrazione dei beni in comunione legale, entrambi i coniugi potranno compiere disgiuntamente gli atti di ordinaria amministrazione, mentre gli atti di straordinaria amministrazione dovranno essere compiuti dai consorti congiuntamente.
Per quanto riguarda il passivo del patrimonio comune, i beni della comunione rispondono delle obbligazioni contratte da ciascun coniuge nell’interesse della famiglia, dai coniugi congiuntamente e dei pesi gravanti sui beni stessi al momento dell’acquisto.
Delle obbligazioni personali di uno dei coniugi, contratte anche anteriormente al matrimonio, i beni della comunione rispondono in via sussidiaria e limitatamente al valore della quota del coniuge obbligato.
I beni personali di ciascuno dei coniugi, viceversa, risponderanno in via sussidiaria e nella misura della metà del credito, dei debiti della comunione, quando i beni di quest’ultima non siano sufficienti a soddisfare i creditori.
La separazione costituisce il regime dei rapporti patrimoniali fra i coniugi concettualmente più semplice, in quanto ciascuno di essi è titolare esclusivo sia dei beni già di sua appartenenza prima del matrimonio che di quelli acquistati successivamente e li amministra e ne gode autonomamente. In altre parole, i patrimoni dei coniugi rimangono separati, nella buona e nella cattiva sorte.
Obblighi derivanti dal matrimonio
L’adozione dell’istituto non implica, tuttavia, che dal matrimonio non derivi alcuna conseguenza patrimoniale.
L’art. 143 c.c., di cui l’ufficiale di stato civile dà lettura in occasione delle nozze, prevede un obbligo reciproco di assistenza materiale in capo agli sposi e l’obbligo di contribuzione ai bisogni della famiglia, proporzionalmente alle proprie capacità economiche e lavorative. La violazione di detti obblighi può comportare l’addebito dell’eventuale separazione, se ha assunto efficacia causale nel determinarsi delle crisi coniugale.
Il matrimonio, inoltre, come noto, impone agli sposi l’obbligo di mantenere i figli.
Il Provvedimento di Scioglimento
La separazione può avere come fonte una convenzione matrimoniale, la quale può essere stipulata in ogni tempo. La scelta di tale modalità, quindi, potrà avvenire prima del matrimonio, nell’atto di celebrazione, oppure dopo. Da tenere presente, tuttavia, che le convenzioni matrimoniali richiedono la forma dell’atto pubblico, a pena di nullità.
Fonte della separazione può, altresì, essere la legge. Questa, difatti, può essere conseguenza di un provvedimento che determini lo scioglimento della comunione, ma non del matrimonio, come, ad esempio, il fallimento, la dichiarazione di assenza o la separazione personale dei coniugi.
Pubblicità
La convenzione matrimoniale di separazione dei beni e la scelta di detto regime dichiarata nell’atto di celebrazione del matrimonio devono essere annotate a margine del relativo. L’annotazione rende opponibili ai terzi la convenzione matrimoniale, e costituisce, pertanto, secondo l’opinione prevalente, una forma di pubblicità dichiarativa.
La scelta manifestata all’atto del matrimonio e la convenzione con cui i coniugi optano per la separazione trovano pubblicità sufficiente nell’annotazione, cioè non esigono la trascrizione nei registri immobiliari. La trascrizione, difatti, è prescritta dall’art. 2647 c.c. per le convenzioni matrimoniali che escludono beni immobili dalla comunione tra i coniugi.
La prova della proprietà
Nel regime di separazione dei beni, soprattutto per i beni mobili, può risultare difficile dimostrare a quale dei consorti appartenga una determinata cosa.
Nei loro rapporti interni, i coniugi potranno dare prova della proprietà esclusiva di una cosa con ogni mezzo. In mancanza di detta prova, opera una presunzione di comproprietà tra i coniugi, per quote uguali.
Nei rapporti con i terzi, ad esempio con eventuali creditori che pignorino beni mobili presso la casa del coniuge debitore, l’altro coniuge non potrà provare con ogni mezzo di esserne proprietario esclusivo, in particolare gli sarà preclusa la prova per testi, salvo che l’esistenza del diritto stesso sia resa verosimile dalla professione o dal commercio esercitati dal debitore o dall’altro coniuge.
Conclusioni
In conclusione, la scelta del regime patrimoniale della famiglia è una decisione delicata, che richiede ponderazione e che va fatta considerando le peculiarità della singola situazione, tenendo, comunque, presente che nessuna scelta è immodificabile.
Avv. Ilaria Golia