Nell’estate del 2019 a Milano sono stati effettuati una serie di controlli a campione su vari riders, i fattorini 2.0 che consegnano cibo a domicilio mediante l’ausilio di piattaforme digitali.
La Procura di Milano ha aperto un’inchiesta ipotizzando a carico di una famosa azienda di delivery il reato di caporalato disciplinato dall’art. 603 bis del codice penale.
Il caporalato
Si tratta di un reato di recente introduzione. La denominazione tecnica è “Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro” e consiste nel reclutare “manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori” o nell’utilizzare, assumere o impiegare “manodopera sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento” approfittandosi del loro stato di bisogno. La pena prevista per il caporale è quella della reclusione da un minimo di uno ad un massimo di sei anni ed il pagamento di una somma di denaro che va da 500 a 1000 euro.
Si tratta di una fattispecie giuridica molto recente; infatti il decreto legge che ha introdotto nel codice penale l’art. 603 bis c.p. è il n. 138 del 2011 convertito nella legge n. 148 del 2011.
Usualmente tale normativa ha trovato applicazione nell’ambito dello sfruttamento dei braccianti nello svolgimento dell’attività agricola. Soprattutto nelle piantagioni di pomodori in Puglia o in generale nel Sud Italia moltissimi sono stati i casi di cronaca che hanno reso obbligatorio e necessario l’intervento del legislatore.
Naturalmente con l’emersione di nuove forme di lavoro che stanno prendendo sempre più piede anche grazie allo sviluppo delle tecnologie questo reato è stato esteso anche a casi diversi dal tradizionale sfruttamento nelle attività agricole.
Lo sfruttamento dei riders
La Procura di Milano ha raccolto delle prove relative allo sfruttamento di lavoratori soprattutto immigrati senza il permesso di soggiorno e soggetti bisognosi di lavoro che vivono in particolari condizioni di disagio economico. Dal quadro probatorio sembrerebbe che questi lavoratori, assunti con contratti redatti su foglietti bianchi di carta, percepivano 3 euro per le consegne e venivano costantemente minacciati di perdere il loro posto di lavoro e subivano molteplici abusi di molti dei quali vi è prova scritta nelle chat che si scambiavano membri della società indagata, società intermediarie e i singoli lavoratori.
Il commissariamento di una nota società di delivery
Il Tribunale di Milano in base all’impianto probatorio che è emerso dalle indagini effettuate dall’estate del 2019 ha emanato un decreto di commissariamento di una nota società di delivery ritenendo molto probabile la sussistenza del reato di caporalato. È stato nominato infatti un amministratore giudiziario.
Il quadro probatorio ha dello spaventoso. Sono stati resi noti messaggi e comunicazioni recapitati ai riders spesso immigrati senza permesso di soggiorno, richiedenti asilo, soggetti deboli ed in gravi difficoltà economiche.
Il Tribunale di Milano ha messo in evidenza inoltre che durante la pandemia lo sfruttamento è aumentato notevolmente considerando il numero crescente delle richieste di consegne a domicilio.
Fino a quando non verrà emanata una sentenza di condanna definitiva non si saprà con certezza se sia stato integrato il reato dell’art. 603 bis c.p.
Questa vicenda però da giurista mi fa riflettere e mi porta a fare alcune importanti considerazioni.
Considerazioni giuridiche
La vicenda dei riders è davvero interessante perché si tratta di una fattispecie giuridica che pone molti problemi sia dal punto di vista del diritto penale sia dal punto di vista del diritto del lavoro.
Tale fattispecie se da una parte ha messo in crisi la tradizionale bipartizione dei rapporti di lavoro subordinato ed autonomo portando a chiedere sempre maggiormente l’introduzione di regole e normative più flessibili ed attente alle esigenze contemporanee del mercato lavorativo, dall’altra parte ha evidenziato come il mondo giuridico sia flessibile, aperto ai cambiamenti e alle novità potendo senza necessità di un nuovo intervento legislativo adattare vecchie leggi, pensate per i rapporti di lavoro più tradizionali ai rapporti innovativi.
Questa vicenda pone in luce quanto sia adattabile la normativa alle innovazioni e ai problemi che la società contemporanea pone.
Interessante è soffermarsi su quanto una singola fattispecie possa generare problemi trasversali a diversi ambiti del diritto e quanto sia importante saper spaziare tra una materia e l’altra per avere una visione globale e d’insieme dell’intero sistema giuridico.
Il bello del diritto è proprio in questo, nell’andare oltre il teso scritto avendo la possibilità di fare dei ragionamenti trasversali.
Dott.ssa Giulia Mancino