E’ possibile concederlo a chi entra illegalmente nel territorio italiano?
Con la recente pronuncia n. 7477 del 2 novembre 2019, il Consiglio di Stato (Sezione Terza), ha esaminato e respinto nel merito un ricorso in appello avente ad oggetto un decreto questorile che aveva rigettato un’istanza volta ad ottenere il rinnovo di un permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo, a seguito del mutamento di nazionalità del cittadino straniero, che era stato accordato n precedenza con motivazioni legate a scopo lavorativo.
Giova precisare che il ricorrente aveva fatto ingresso sul territorio italiano mostrando falsi documenti e che il primo titolo di soggiorno era stato ottenuto esclusivamente in ragione della dichiarazione di una specifica nazionalità, il cui mancato possesso era riconosciuto da lui stesso.
Dunque, il provvedimento impugnato si fondava sul legittimo presupposto del difetto originario dei requisiti per ottenere il primo rilascio del permesso di soggiorno, successivamente rinnovato e convertito.
La questione al vaglio del giudice amministrativo
Nel caso esaminato, non si trattava di assodare l’esistenza o meno dei presupposti normativi che avrebbero consentito di rilasciare o rinnovare il permesso, ma occorreva preliminarmente focalizzarsi sul fatto che tale permesso era fondato su premesse illegittime, sulla scorta dell’esercizio di un comportamento fraudolento.
Tale difetto non poteva essere risolto con l’ausilio di fatti sopraggiunti – di qualunque portata essi sarebbero stati – poiché il titolo originario risultava invalidato in modo inconvertibile ed irrimediabile.
Di guisa che qualunque situazione positiva sopravvenuta a favore del richiedente (anche di tipo lavorativo) non rileverebbero in un caso del genere, in quanto la richiesta di permesso di soggiorno dovrebbe avere pur sempre origine sul possedere ab origine un legittimo titolo di soggiorno.
Non emergeva che lo straniero avesse proposto domanda di regolarizzazione: solamente in tale ipotesi l’Amministrazione pubblica competente (la Questura) avrebbe potuto suffragare l’esistenza dei prescritti requisiti legislativi per far permanere sul territorio italiano il richiedente.
Condizioni e presupposti per il riconoscimento di un titolo di soggiorno legittimo
Quali sono le condizioni per il riconoscimento di un titolo di soggiorno sostenuto da ragioni umanitarie?
Un punto di partenza è rappresentato dal recente decreto legge n. 113 del 2018 convertito con modificazioni nella legge n. 132 del 2018 e in vigore dal 5 ottobre 2018.
Il legislatore, ha introdotto la categoria dei permessi di soggiorno “per casi speciali”, ed in particolare ha mantenuto vigente solo la norma, contenuta nel decreto legislativo numero 286 del 1998, articolo 5, comma 6, prima parte che prescrive, regole specifiche relativamente alla possibilità che venga rifiutato o revocato un permesso di soggiorno.
È consentita la adozione di tali provvedimenti amministrativi sulla scorta di convenzioni o accordi di natura internazionale, ratificati nell’ordinamento giuridico italiano, nel momento in cui uno straniero non riesca a soddisfare i presupposti legittimanti il soggiorno, che siano applicabili in via generale in un altro degli stati contraenti.
Ancora, è stato con coerenza legislativa modificato il decreto legislativo n. 25 del 2008, articolo 32, comma 3 escludendo dalla cognizione delle Commissioni territoriali la valutazione della residua sussistenza di “gravi motivi umanitari” all’esito dello scrutinio negativo sul rifugio politico e la protezione sussidiaria.
Le Commissioni devono trasmettere gli atti al Questore solo se ricorrono i presupposti di cui all’articolo 19, comma 1 del decreto legislativo n. 286/1998, possono provvedere a rilasciare un permesso di soggiorno che rechi la dicitura “protezione speciale”; esso ha la durata di un anno, non è convertibile in permesso di lavoro ma consente di svolgere attività lavorativa.
Le condizioni indicate bell’articolo 19 comma 1 riguardano il rischio individuale di essere soggetti a persecuzioni per motivi di razza, sesso, lingua, cittadinanza, opinioni politiche, condizioni personali e sociali.
Quelle indicate nel comma 1.1. (introdotte dalla legge n. 110 del 2017, articolo 3) consistono in “fondati motivi” di essere sottoposti a tortura.
È stata inoltre introdotta una tipologia peculiare di permesso per cure mediche (di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, articolo 19, comma 2, lett. d bis).
Esso afferisce a quei cittadini di nazionalità non italiana che si trovano in stati particolarmente gravi, e può durare al massimo per un anno (eventualmente rinnovabile).
Inoltre, ai sensi dell’articolo 20 bis del D.Lgs. 286/1998, si è avuta anche l’introduzione del c.d. permesso di soggiorno per contingente ed eccezionale calamità naturale che non consenta il rientro e la permanenza in condizioni di sicurezza; esso dura nel massimo per sei mesi, ma può essere rinnovato – perdurando la medesima situazione iniziale – per lo stesso tempo, ed autorizza a svolgere lavori, pur non potendo essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro.
Infine, all’articolo 42 bis del sopra menzionato decreto legislativo, è previsto e disciplinato il permesso di soggiorno per atti di particolare valore civile di durata biennale, con accesso allo studio e allo svolgimento di attività lavorativa, rinnovabile e convertibile in permesso di soggiorno per lavoro subordinato ed autonomo.
Avv. Iacopo Correa