Natura giuridica e orientamento della giurisprudenza
Discussa è in dottrina la natura giuridica del cd. “diritto di sopraelevazione” di nuovi piani o nuove fabbriche previsto e disciplinato dall’articolo 1127 del codice civile a favore del proprietario dell’ultimo piano dell’edificio e del proprietario esclusivo del lastrico solare, salvo che il titolo disponga altrimenti e salvo che la sopraelevazione non pregiudichi la sicurezza statica dell’edificio.
Una parte della dottrina intende il diritto di sopraelevazione come espressione della facoltà di edificare spettante in generale al proprietario, ciò in quanto l’ultimo appartamento corrisponderebbe al suolo e la sua proprietà implicherebbe quindi il diritto di costruirvi sopra.
Stando ad una ulteriore tesi il proprietario dell’ultimo piano (o del lastrico solare) sarebbe titolare di un diritto legale di superficie. Si tratterebbe, precisamente, di un diritto di superficie costituito per legge a carico del condominio, con l’obbligo di pagamento dell’indennizzo differito al momento dell’esercizio.
Esercizio del diritto di sopraelevazione
La sopraelevazione, comporta il pagamento agli altri condomini di un’indennità corrispondente al valore dell’area occupata.
Nell’esercitare il suo diritto di sopraelevare il proprietario dell’ultimo piano deve rispettare certi limiti legali, mentre altri limiti possono essere stabiliti anche in via convenzionale. Tali limiti convenzionali possono essere posti con una pattuizione espressa preesistente o contemporanea alla costituzione del condominio (pure contenuta nel regolamento condominiale di natura contrattuale), costitutiva di una servitù assimilabile a quella non aedificandi o altius non tollendi. La limitazione convenzionale del diritto di sopraelevazione presenta, quindi, natura reale, per cui, una volta trascritto il titolo che la contiene, la stessa è opponibile al terzo acquirente del bene su cui grava, non rilevando la sua mancata riproduzione nell’atto di trasferimento del bene. Oltre alle limitazioni negoziali, vi sono inoltre i limiti legali posti dall’articolo 1127, commi secondo e terzo c.c.
Per quanto concerne il limite delle condizioni statiche dell’edificio, non idonee a sopportare l’aggravio di una sopraelevazione (ai sensi dell’articolo 1127, comma 2, c.c.) esso rappresenta un divieto assoluto, che è consentito superare solo se, con il consenso unanime dei condomini, il proprietario sopraelevante venga autorizzato all’esecuzione delle opere di rafforzamento e di consolidamento necessari a rendere idoneo l’edificio a sopportare il peso della nuova costruzione. In tal senso la Suprema Corte di cassazione (cfr. Cass., 30 maggio 2012, 86431) ha chiarito che il divieto di sopraelevazione, per inidoneità delle condizioni statiche dell’edificio, previsto dall’art. 1127, secondo comma, c.c. deve essere preventivamente autorizzato.
Un secondo limite è individuato dal pregiudizio all’aspetto architettonico dell’edificio (ai sensi dell’articolo 1127, comma 3, prima parte, c.c.), per cui il pregiudizio si verifica quando l’intervento per la sopraelevazione comporta un’incidenza di particolare rilievo della nuova opera sullo stile architettonico dell’edificio stesso.
Un terzo limite è dato dal fatto che la sopraelevazione non deve diminuire in maniera notevole la fruibilità dell’aria o della luce da parte dei piani sottostanti (articolo 1127, comma 3, ultima parte, c.c.).
L’orientamento risolutivo della giurisprudenza
Le Sezioni Unite della Corte di cassazione (cfr. sentenza 30 luglio 2007 n. 16794) si sono pronunciate sull’ambito di applicazione dell’art. 1127 c.c., ed in particolare, sul tentativo di risolvere il noto contrasto esistente in merito alla riconducibilità a tale norma dell’avvenuta trasformazione in unità immobiliare abitabile di un locale sottotetto di proprietà esclusiva di uno dei condomini.
Secondo l’indirizzo prevalente una simile ipotesi era riconducibile, infatti, alla fattispecie della sopraelevazione regolata dall’art. 1127 c.c., ogni qual volta l’opera realizzata non fosse limitata alle sole modificazioni interne del sottotetto nel rispetto delle strutture originarie del fabbricato, ma determinasse anche un ampliamento di queste ultime, nella specie attraverso l’elevazione dell’originaria altezza dell’edificio ed il proporzionale spostamento in altezza della sua copertura.
Stando, invece, ad un diverso orientamento il disposto dell’art. 1127, comma 4, c.c. poteva trovare applicazione nei soli casi di realizzazione di veri e propri nuovi piani o di nuove fabbriche, non anche nel caso di semplice trasformazione di locali preesistenti mediante l’innalzamento dei muri perimetrali e del tetto.
Dunque, la fattispecie di cui all’art. 1127 c.c. andrebbe ravvisata in ogni ipotesi di maggiore utilizzazione dell’area sulla quale sorge l’edificio, indipendentemente dal fatto che essa dipenda o meno dall’innalzamento dell’altezza del fabbricato.
Con ciò si spiega anche il perché dell’obbligo, posto a carico del condomino proprietario esclusivo dell’ultimo piano o del lastrico solare che eserciti il diritto di sopraelevazione, di corrispondere agli altri condomini una vera e propria indennità, che rappresenta una misura compensativa della riduzione del valore delle quote degli altri condomini sulla comproprietà del suolo comune conseguente alla sopraelevazione realizzata da uno di essi e dall’acquisto da parte di questi della proprietà relativa.
Tale indennità di sopraelevazione è dovuta anche per la pura e semplice costruzione oltre l’altezza precedente del fabbricato, indipendentemente dall’entità dell’innalzamento stesso ed in conseguenza della sola maggiore utilizzazione dell’area sulla quale sorge l’edificio.
Avv. Iacopo Correa