Novità per disoccupati e per chi cerca lavoro
Incentivi alle assunzioni e tutela dei lavoratori
La normativa in materia di “lavoro” risulta spesso essere contraddittoria e disomogenea; questo perché in presenza di una instabilità politica come quella che sta attraversando il Paese negli ultimi decenni i provvedimenti che vengono emanati da un Governo non vengono poi mantenuti dall’altro, per non parlare poi delle promesse fatte in campagna elettorale che si rivelano quasi sempre delle vere e proprie bufale.
La riforme in tale materia sono state fin troppe volte oggetto di cancellazioni, dietro front e speranze vanificate, o ancora hanno costituito materia di riforme emanate solo ed esclusivamente con lo scopo di accontentare questa o quell’altra fazione politica senza, tuttavia, seguire un filo conduttore con le precedenti disposizioni e, men che meno, porsi come fine ultimo la concreta ricrescita del Paese.
L’ultima impresa in tal senso è stata la Legge n. 92 del 28 Giugno 2012, la cosiddetta “Riforma Lavoro”, operata dal Ministro Elsa Fornero, che ha fissato una serie di principi volti ad incentivare le assunzioni ed a tutelare la categoria dei lavoratori dipendenti nel settore privato.
La prima novità in seno a tale legge riguarda gli ammortizzatori sociali. La riforma prevede, infatti, lo stanziamento di una somma di 1,8 miliardi di euro per la costituzione della nuova ASpI (Assicurazione Socile per l’Impiego). A partire dal 2017, l’ASpI sostituirà l’indennità di disoccupazione e la mobilità. Si tratta di una prestazione economica erogata su domanda per coloro che hanno perso il lavoro involontariamente, successivamente al 1 Gennaio 2013. La domanda va presentata per via telematica al Centro per l’Impiego della città in cui si ha la residenza e contiene la dichiarazione del lavoratore che ha perso il lavoro (non per dimissioni né per risoluzione consensuale) e la disponibilità immediata a svolgere un altro lavoro. Il lavoratore, tuttavia, prima di essere licenziato deve aver versato dei contributi in maniera continuativa per almeno un anno nel biennio antecedente alla perdita del lavoro, oppure avere alle proprie spalle almeno due anni di anzianità assicurativa.
L’indennità mensile spettante è pari:
- al 75% della retribuzione media percepita nei due anni precedenti per i lavoratori che percepivano una retribuzione inferiore o uguale a € 1.180,00;
- al 95% della retribuzione media percepita nei due anni precedenti per coloro che percepivano una retribuzione superiore ad €. 1.180,00.
Anche la sua durata è soggetta a delle condizioni.
Per l’anno 2013, l’ASpI verrà erogata per 8 mesi a chi ha meno di 50 anni e per 12 mesi a chi più di 50 anni. Progressivamente nel 2016 dovrebbe arrivare a 12 mesi per i primi e 18 mesi per i secondi.
La somma erogata subisce una decurtazione del 15% dopo i primi sei mesi e di un altro 15% dopo altri sei mesi, se il soggetto è ancora disoccupato. Inoltre, nel caso in cui il beneficiario trovi una nuova occupazione che preveda un rapporto di lavoro della durata inferiore a sei mesi, l’ASpI viene temporaneamente sospesa; se invece il rapporto di lavoro supera i sei mesi essa viene definitivamente interrotta.
Al termine del contratto, il lavoratore disoccupato può fare nuovamente richiesta all’Inps che, se accerta la presenza dei requisiti necessari, provvede a calcolare una nuova indennità.
Inoltre esiste una ulteriore possibilità: l’ASpI può essere riscossa in un’unica soluzione se il lavoratore-disoccupato ha intenzione di investire tale somma nell’avvio di una nuova attività di lavoro autonomo.
Va detto, infine, che l’indennità di disoccupazione con requisiti ridotti presentata da lavoratori dipendenti entro la fine di Marzo è stata sostituita dalla Mini ASpI erogata per tutto il 2013 per indennizzare periodi di disoccupazione relativi al 2012.
L’apprendistato e lo Staff Leasing
La Legge Fornero disciplina anche la materia dell’apprendistato. La misura prevista per incentivare tale forma di assunzione è lo staff leasing: un contratto di lavoro indeterminato con le Agenzie del Lavoro che hanno come clienti aziende operanti in vari settori.
Il contratto a tempo indeterminato, infatti, si impone (quanto meno nelle intenzioni dichiarate dal Ministro Fornero) come la forma contrattuale predominante nella sua riforma e l’apprendistato rappresenta lo strumento di cui si serve per rendere il mercato del lavoro sempre dinamico, pur mantenendo costantemente profili di alta qualità.
L’apprendistato come forma contrattuale di lavoro nasce nel 2003 con la riforma Biagi, che considerava la rigidità del contratto a tempo indeterminato come la causa della disoccupazione e, per questo motivo, ebbe come parola d’ordine nella propria riforma la flessibilità.
Tale flessibilità, tuttavia, nel corso degli anni è diventata sinonimo di mancanza di stabilità: il “posto fisso” è praticamente scomparso dalle aspettative e dalle speranze di giovani e meno giovani, e il contratto a tempo indeterminato diventa oggi una necessità indiscutibile.
La Legge Fornero, nelle sue intenzioni, cerca di scoraggiare la forma del contratto a tempo determinato con vari strumenti. La Legge 92/2012, infatti, stabilisce che il primo contratto a tempo determinato non può superare i 12 mesi e, in generale, la durata massima di un contratto a tempo determinato non può superare i 3 anni. A tal fine, i costi contributivi del contratto a tempo determinato sono stati incrementati ed è stato allungato anche l’intervallo temporale tra la scadenza di un contratto e la stipula di quello successivo: si passa da 10 a 60 giorni (per i contratti di durata inferiore a 6 mesi) e da 20 a 90 giorni (per i contratti di durata superiore a 6 mesi).
In sostanza, se un lavoratore viene assunto da un’azienda con un contratto determinato della durata di 12 mesi, alla scadenza del contratto il lavoratore non può essere riassunto in forza all’azienda prima di 90 giorni. Oltre a subire gravi danni nel sistema organizzativo, l’azienda subirà anche un aumento dei costi contributivi. La soluzione migliore in termini di organizzazione del lavoro e di costi è quella di assumere il dipendente con un contratto a tempo indeterminato.
La Riforma individua poi nel contratto di apprendistato lo strumento offerto ai giovani per entrare nel mondo del lavoro, strumento però volto ad ottenere un successivo contratto a tempo indeterminato.
Il nuovo contratto di apprendistato, obbligatoriamente in forma scritta e contenente la prestazione lavorativa oggetto del contratto, può riguardare chiunque abbia compiuto 15 anni e può essere utilizzato in qualsiasi settore.
Deve avere una durata minima di 6 mesi e una massima di 3 anni ed esclude il rapporto di 3 a 2 fra apprendisti e lavoratori a tempo indeterminato. Infatti, nelle aziende con meno di 10 dipendenti, prevede che il rapporto sia 1 a 1: un apprendista per ogni lavoratore a tempo indeterminato.In particolare, le aziende con più di 10 dipendenti possono assumere nuovi apprendisti solo se garantiscono la trasformazione del rapporto di lavoro di almeno la metà degli apprendisti (il limite è abbassato al 30% fino al 2015). In sostanza, se un’azienda ha assunto 10 apprendisti, può stipulare contratti di apprendistato ad altri soggetti solo se 5 apprendisti (tre fino al 2015) vengono assunti a tempo indeterminato. Inoltre, al fine di scongiurare le disparità di trattamento, la Riforma prevede che l’apprendista non può essere inquadrato in una categoria lavorativa inferiore per più di due livelli a quella spettante ai lavoratori dipendenti adibiti alle medesime mansioni.
Conclusioni
Alcuni obiettivi della Riforma si annunciano nobili, altri, invece, appaiono discutibili. Tuttavia, il nuovo Governo Letta, come facilmente prevedibile, si è già dichiarato pronto a metterci le mani. Si attendono ulteriori cambiamenti.