Velocità minima garantita, il recesso dal contratto
La banda larga: miraggio per gli internauti italiani
L’importanza della diffusione della banda larga è stata innumerevoli volte ribadita quale elemento essenziale per la crescita economica ed occupazionale del nostro Paese. Nel 2005 in Finlandia la banda larga è stata addirittura dichiarata “servizio universale”, quasi come a sancire il diritto, universale appunto, da dover garantire per ogni cittadino. Ma cos’è la banda larga?
Comunemente chiamata Adsl (Asymmetric Digital Subscriber Line), si tratta di una connessione internet ad alta velocità, che permette l’accesso al web, l’invio e la ricezione di dati e la consultazione di pagine e siti internet a velocità elevate. La connessione ad internet è ormai indispensabile nella vita di tutti i giorni ma, in modo particolare, in tutti quegli ambienti lavorativi in cui è necessario l’uso di internet come fonte di interazione con l’esterno o comunque come mezzo per svolgere semplici attività quali l’invio e la ricezione di mail nella casella postale, l’utilizzo di pagine web per la consultazione di informazioni, l’invio o l’apertura di file di alcuni megabyte ed altre operazioni che risultano problematiche in presenza di una connessione lenta.
La qualità delle connessioni a banda larga in Italia è pessima e, cosa ancora più grave, peggiora anno dopo anno. Secondo una classifica stilata da Ookla, la società che gestisce il sito SpeedTest.net, l’Italia occupa l’ottantacinquesimo posto in scala mondiale su 180 Paesi, per velocità delle connessioni. Siamo in linea con paesi quali Papua Nuova Guinea, Tajikistan, Ruanda, Namibia, l’isola di Guam, Maldive e Kenya (cioè i cosiddetti Paesi in via di sviluppo); nelle prime posizioni, invece, Hong Kong, Singapore, Andorra e Corea del Sud. Tra i Paesi Europei più veloci in tema di internet si collocano, in ordine, il Regno Unito, la Germania, la Francia e la Spagna. La velocità media di navigazione degli internauti italiani si attesta sui 4,59 Mbit/s; di contro l’Italia scala la classifica per quanto riguarda il costo per Megabyte: ben 4,7 Euro a Mbit.
Secondo una ricerca effettuata dalla Fondazione Ugo Bordoni, ente che si occupa di ricerca e consulenza in ambito tecnologico, il 30% degli italiani non naviga ad una velocità superiore ai 7 Mbit/s, solo il 10% degli internauti italiani riesce a superare i 10 Mbit/s e ciò nonostante abbia sottoscritto un abbonamento che assicurava una velocità di 20 Mbit/s, pagandoli tutti per intero. E qui si apre un’altra complicata maglia.
Le connessioni superveloci vendute in Italia
Gli operatori di telefonia mobile in Italia si ostinano a pubblicizzare e proporre pacchetti di abbonamento ADSL con connessioni a velocità “superalta” ma, di fatto, di superalto c’è solo il costo che l’abbonato deve sostenere.
Per verifica, è possibile misurare la velocità della propria connessione internet.
Basta collegarsi, al sito www.misurainternet.it ed effettuare un test della velocità della propria ADSL con poche semplici mosse. Una volta sul sito, bisogna scaricare un programma dal nome “Ne.Me.Sys” ed installarlo sul proprio pc. Per poter scaricare il software, tuttavia, è necessario registrarsi al sito, compilando con i propri dati un form, attendere la mail di conferma sulla propria casella postale, cliccare sull’apposito link per confermare la registrazione, accedere all’area privata con il proprio login ed il codice ricevuto via mail e, finalmente, procedere con il download. Una volta scaricato il software, bisogna procedere nuovamente con l’inserimento dei codici di accesso (quelli per accedere all’area privata).
Il software permette di misurare con precisione la velocità nella connessione del proprio pc e formula un certificato in formato pdf che si può scaricare dall’area privata ed, eventualmente, utilizzare come prova tangibile della lentezza della propria connessione. Il programma, infatti, è l’unico certificato dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni.
Basta, a questo punto, paragonare i risultati della misurazione effettuata con Ne.Me.Sys. con quelli scritti sul contratto stipulato dall’operatore telefonico per capire se si sta pagando un servizio invano, di cui non si sta usufruendo. Un punto su cui bisogna porre particolare attenzione, soprattutto in occasione di stipula del contratto con l’operatore telefonico, è la velocità minima da lui garantita, sotto la quale non si può scendere.
Velocità minima garantita e il rimborso per malfunzionamento
Per quanto riguarda la connessione superveloce (a 20 Mbit/s), secondo l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, la velocità minima da garantire all’abbonato si attesta sui 7 Mbit/s. Mentre, per le connessioni a 7 mega, la velocità minima è di 2,1 megabyte (vale a dire più lento di un bradipo assonnato).
Nel caso in cui, in presenza di un contratto di connessione ADSL a 7 mega, dall’analisi effettuata da Ne.Me.Sys., si evinca che la connessione sia di 4 mega, non è possibile sporgere lamentele nei confronti dell’operatore telefonico, che non può essere accusato di inadempienza contrattuale, poiché la velocità della connessione è comunque superiore alla velocità minima garantita. Di contro, se la velocità attestata da Ne.Me.Sys. è al di sotto della soglia minima che l’operatore telefonico ha l’obbligo di garantire, è possibile rivolgersi alla compagnia telefonica inadempiente con buona probabilità di risarcimento.
In questo caso, basta fare una raccomandata A/R alla propria compagnia telefonica, allegando il certificato scaricato da Ne.Me.Sys., chiedendo che venga risolto il problema. Entro trenta giorni l’operatore telefonico ha l’obbligo di rispondere oppure di inviare un proprio tecnico per la risoluzione del problema.
Nel caso in cui il problema sia irrisolvibile, ad esempio per mancanza totale di copertura della banda larga in una zona specifica, si avvia una trattativa tra cliente ed operatore telefonico che può concludersi con proposte di sconti in bolletta e offerte varie, restando ferma la discrezione del cliente se accettare o meno. Nel caso in cui decida di recedere dal contratto, quest’ultimo non è obbligato a pagare alcuna penale e potendo anche chiedere, ai sensi dell’art. 5 della Delibera 73/2011 dell’Autorità garante per le Comunicazioni, un rimborso di 2,50 euro per ogni giorno di malfunzionamento.
I costi di un ammodernamento delle linee internet
La velocità delle connessioni rappresenta, quindi, un requisito tecnico fondamentale per le attività di ogni giorno, ma soprattutto per qualsiasi attività lavorativa che richieda l’uso del computer. E’ stato accertato, infatti, che le aziende non coperte dalla connessione ad internet a banda larga sono soggette ad una perdita di produttività, causata dal tempo impiegato per svolgere anche semplici attività davanti al pc. L’unico elemento ostativo alla diffusione della banda larga in Italia è l’elevato costo di investimento richiesto alle compagnie telefoniche.
Tuttora, sussiste una discrepanza di opinioni tra le aziende convinte dell’assoluta mancanza di esigenza di creare un sistema di connessione a banda larga e quelle che, invece, ne trarrebbero un enorme profitto.
E’ chiaro che la presenza della banda larga gioverebbe di più ad un’azienda basata sul telelavoro, o ad un’azienda fornitrice di servizi web, piuttosto che ad un’azienda che utilizzi internet solo ed esclusivamente per consultare la casella postale, nonostante, anche quest’ultima attività si possa trasformare in un’enorme perdita di tempo, in presenza di una connessione lentissima. Ne consegue che non può essere richiesto alle due aziende lo stesso investimento in termini di denaro per la costruzione di una banda larga. Entrambe ne sarebbero avvantaggiate ma, di certo, il ritorno economico sarebbe totalmente diverso per l’una e per l’altra azienda. E’ per questo che dovrebbe essere una politica di intervento della quale dovrebbe farsi carico il Governo.
Numerosi tentativi, nel passato, sono andati falliti. Oggi, ancora una volta, il Governo Letta annuncia la costituzione di un team di esperti che analizzi lo stato della rete a banda larga nel Paese. Ciò nasce dalla necessità di tentare di uniformare l’Italia agli altri Paesi Europei entro il 2020, secondo l’Agenda Digitale dell’Unione Europea.
Tuttavia, sin da ora, viene ribadita la necessità di una collaborazione negli investimenti da parte delle aziende.