È irrilevante la buona fede del privato
Qualora la p.A. agisca in via procedimentale sulla base di una falsa rappresentazione di un fatto posto alla base della adozione di un provvedimento, che in seguito si riveli illegittimo, non scusa l’asserita buona fede del destinatario.
Il solo errore in cui può incorrere l’Amministrazione, con la presentazione di falsa documentazione o dichiarazioni sostitutive di atti di notorietà, ha effetto esclusivamente sul piano oggettivo, e dunque non rileva la sussistenza o meno dell’elemento soggettivo in capo al soggetto richiedente.
È quanto stabilito dalla sesta sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 2257 del 5 aprile 2019.
Il caso affrontato dal Supremo Consesso amministrativo
Un docente, dopo aver conseguito il diploma di specializzazione polivalente, ha prestato servizio nel corso della sua carriera in molti istituti scolastici come insegnante di sostegno.
Ciò gli ha consentito di incrementare il punteggio per alcune classi di insegnamento, portandolo in seguito a conseguire la laurea.
Dopo molto tempo dalla acquisizione del titolo abilitativo, veniva informato di non aver mai conseguito realmente il diploma di specializzazione per il sostegno.
Di guisa che, esponeva denuncia-querela nei confronti dei docenti del corso in cui gli era stato rilasciato il diploma di specializzazione polivalente.
Sebbene la sanzione disciplinare veniva sospesa nella pendenza del giudizio penale, gli istituti scolastici presso i quali egli aveva prestato servizio gli disconoscevano l’ottenimento del servizio prestato presso gli stessi.
Oltre a ciò, l’ufficio Regionale Scolastico per la Campania revocava l’abilitazione, depennandolo dalle graduatorie ad esaurimento per diverse classi di concorso.
In primo grado, il T.A.R. Campania – Napoli, giusta sentenza n. 2224/2017, rilevate le attestazioni dell’Istituto paritario, che decretavano l’insussistenza del diploma di specializzazione polivalente per l’insegnamento di sostegno, sanciva la illegittimità del servizio prestato nel corso degli anni in qualità di docente di sostegno, con connessa inibizione della inclusione del professore ricorrente nelle graduatorie ad esaurimento del personale docente ed educativo.
La mancanza del titolo ha reso di fatto del tutto incomputabile il servizio in qualità di docente di sostegno.
Secondo l’orientamento prevalente della giurisprudenza amministrativa, in caso di falsa, infedele, erronea o inesatta rappresentazione della realtà fattuale da parte del destinatario di un provvedimento amministrativo, l’interesse di carattere pubblico all’adozione di un provvedimento di annullamento o revoca in autotutela è legittimo alla stregua della imputabilità del vizio al privato: egli non può trincerarsi dietro ad un errore commesso dalla Amministrazione, al fine di ostentare un presunto legittimo affidamento nella persistenza di un beneficio illegittimamente ottenuto (cfr., Cons. Stato, sezione VI, n. 3403, 28 luglio 2016).
False attestazioni verso la pubblica Amministrazione: errore non scusabile e potere di autotutela
Alla luce di quanto esposto, in ipotesi di titolo ottenuto in base ad una falsa rappresentazione della realtà la p.A. può annullare d’ufficio con effetti ex tunc il provvedimento amministrativo; nel privato non può esservi nessun affidamento legittimo in ordine alla continuità di un attestato ottenuto inducendo in errore un ente.
Nel caso di specie, infatti, il ricorrente non poteva vantare un legittimo affidamento nella acquisizione del beneficio della inclusione nelle graduatorie ad esaurimento, ottenuto dichiarando il falso, seppure in maniera colposa.
Invero, il docente non ha contestato efficacemente la falsità del conseguimento del diploma di specializzazione polivalente; a cagione del principio di indipendenza tra procedimento amministrativo e penale, il Consiglio di Stato non ha ritenuto doveroso sospendere il giudizio dinanzi al T.A.R. in attesa della definizione in sede penale, non essendovi nessuna pregiudizialità tra i due processi e godendo il giudice amministrativo di piena autonomia istruttoria.
Induzione in errore e illegittimità accertata
Il dato che è emerso, ad ogni buon conto, è l’induzione in errore – seppur colposa – della Amministrazione scolastica: come detto, nel procedimento amministrativo, il falso è rilevante sotto il mero profilo oggettivo, e non è necessaria la mala fede del soggetto che materialmente abbia agito.
Per di più, non sussiste alcuna efficacia sanante al diploma inesistente per la sola ragione che il professore abbia prestato servizio per lungo tempo, col superamento dell’esame di abilitazione professionale.
Ciò non fa venire meno la situazione di illegittimità concretamente accertata; il tempo trascorso non ha rilevanza, in quanto non può parlarsi di un (presunto) legittimo affidamento del ricorrente, il quale, confidando nel consolidamento della sua posizione, ha confidato in un titolo mancante sin dall’origine.
In maniera legittima, l’Amministrazione scolastica ha annullato in autotutela il riconoscimento dalle graduatorie ad esaurimento per le classi di concorso, in virtù del disconoscimento del servizio prestato in forza di un titolo inesistente, non richiedendo tale potere nessun particolare onere motivazionale in capo alla p.A..
Avv. Iacopo Correa