Tipologie, Contenuto e Disciplina
Il contratto part time (denominato anche a tempo parziale), è un contratto di lavoro subordinato il cui orario di lavoro risulta ridotto rispetto a quello ordinario.
Attualmente, la normativa fissa in 40 ore l’orario settimanale per i lavoratori dipendenti con contratto di lavoro a tempo pieno. Va precisato però che alcuni contratti collettivi possono fissare un limite inferiore, come nel caso delle CCNL Cooperative Sociali che prevedono un massimo di 38 ore settimanali per i contratti full time.
Questa tipologia di contratto può essere stipulato sia a tempo determinato che a tempo indeterminato. È anche possibile per il datore di lavoro convertire il rapporto a tempo pieno con uno a tempo parziale, e viceversa.
Tipologie di contratti Part Time
A seconda di come l’orario di lavoro viene distribuito, si possono distinguere tre tipologie di lavoro a tempo parziale:
- Il part time orizzontale si verifica quando la diminuzione dell’orario di lavoro avviene su base giornaliera. Un dipendente può dunque prestare servizio per lo stesso numero di giorni previsti da un contratto full time, ma con orario ridotto.
- Il part time verticale avviene quando l’attività lavorativa viene svolta a tempo pieno su base giornaliera, ma questo avviene soltanto in alcuni specifici giorni della settimana, del mese o dell’anno. Un dipendente potrebbe dunque, tramite un contratto di part time verticale, lavorare 8 ore al giorno a tempo pieno, ma fornire questa prestazione due giorni a settimana invece di cinque.
- Il part time misto va considerato come una combinazione di part time orizzontale e verticale. Per fare un esempio, un dipendente potrebbe prestare servizio per sei mesi in regime di part time orizzontale, mentre per i successivi sei mesi potrebbe lavorare nel regime previsto dal part time verticale.
Le regole che disciplinano il contratto part time sono contenute nel Dlgs. n. 81/2015.
Il decreto stabilisce, all’articolo 4, che il dipendente assunto con contratto a tempo determinato ha la possibilità di essere assunto anche con contratto a tempo parziale. Nel caso in cui però si utilizza questa opzione, ai fini della sua validità, il contratto deve essere stipulato in forma scritta. Laddove questo non avvenisse, il lavoratore dipendente ha il diritto di chiedere al giudice di poter trasformare il suo rapporto lavorativo a tempo pieno.
Il contratto stipulato dovrà a quel punto contenere, oltre a quanto previsto per legge per i normali rapporti lavorativi a tempo pieno, la collocazione temporale dell’orario e la durata della prestazione lavorativa.
Al momento della stipula del contratto part time, vanno obbligatoriamente indicate le ore di lavoro stabilite, con riferimento al giorno, alla settimana, al mese, all’anno.
Clausole elastiche
Il datore di lavoro non può in alcun modo modificare il monte ore concordato, eccetto nel caso in cui esistano degli accordi preventivi con il lavoratore denominate clausole elastiche. In relazione a questo, bisogna infatti ricordare che per legge il lavoratore a tempo parziale non può ricevere un trattamento meno favorevole di un lavoratore a tempo pieno.
La clausole elastiche consistono in un accordo tra il lavoratore e il datore di lavoro in cui si concorda reciprocamente la variazione o l’aumento dell’orario di lavoro.
Va precisato che a partire dall’entrata in vigore del testo unico per i contratti, il datore di lavoro non può più inserire le clausole elastiche nei contratti a tempo parziale, a meno che queste non siano previste nel contratto collettivo indicato.
Esiste però anche la possibilità di poter concordare questa opzione con il dipendente. Nel momento in cui l’azienda stipula questo accordo con il lavoratore, questo deve essere però necessariamente convalidato davanti ad una commissione di certificazione.
Nel caso inoltre in cui si stabilisca un aumento delle ore lavorative, queste deve prevedere per il dipendente un aumento della paga oraria che deve essere pari almeno al 15 per cento della retribuzione oraria globale.
Si possono stipulare più contratti Part Time?
È prevista la possibilità per un dipendente di svolgere più di una prestazione lavorativa in regime di tempo parziale. In questa ipotesi, per quanto riguarda i limiti di orario e i riposi minimi, bisogna fare riferimento al decreto sull’orario di lavoro (D. Lgs. 8 aprile 2003, n. 66).
Il dipendente può lavorare in questo caso per un massimo di 48 ore settimanali. Per quanto concerne i riposi, le disposizioni stabilite dalla legge sono le seguenti:
il riposo minimo settimanale deve essere di almeno 24 ore consecutive ogni 7 giorni, mentre il riposo giornaliero deve essere invece pari a 11 ore consecutive ogni 24 ore.
Nel caso in cui il lavoratore non ha comunicato all’azienda l’ammontare delle ore in cui prestare servizio, questa non può subire sanzioni.
Il divieto di concorrenza non viene però meno durante lo svolgimento di più rapporti di lavoro a tempo parziale. Se infatti le attività lavorative condotte dal lavoratore risultano concorrenti o lesive per una delle aziende su cui è sotto contratto, questi deve essere autorizzato nel merito dai datori di lavoro in questione. In caso contrario, l’azienda ha il diritto di avviare la procedura di licenziamento.
E’ possibile richiedere un contratto di lavoro part time in prossimità di pensione?
Di norma, passare da un contratto part time a uno full time negli ultimi anni della propria carriera lavorativa, genera una penalizzazione di un certo rilievo per quanto riguarda l’ammontare della pensione.
La Legge di Stabilità del 2016 ha introdotto però la possibilità, per coloro che hanno raggiunto l’età pensionabile entro la data del 31 Dicembre 2018, di poter usufruire del contratto di lavoro a tempo parziale senza subire alcuna penalizzazione sulla pensione.
Per questa categoria di soggetti, l’Inps accredita i contributi figurativi con misura piena. Inoltre, il datore di lavoro è tenuto a riconoscere al lavoratore un premio in busta paga che deve essere pari alla contribuzione non versata.
Qualora si volesse aderire a questa opzione, è obbligatorio che l’Inps certifichi i requisiti richiesti per legge ( oltre al raggiungimento dell’età pensionabile entro il 31 Dicembre 2018, il lavoratore deve essere anche in possesso di 20 anni di contributi al momento della presentazione della domanda).
Nel momento in cui poi viene firmato il nuovo contratto part time, l’azienda è tenuta per legge a richiedere un’autorizzazione all’Ispettorato territoriale ed inviare all’Inps la domanda di agevolazione.
Quando è obbligatorio concedere il Part Time
Il datore di lavoro non ha l’obbligo di concedere il contratto a tempo parziale al dipendente che ne fa richiesta. Allo stesso modo, non può però trasformare un contratto da tempo pieno a parziale senza il consenso del lavoratore. Esistono alcune eccezioni previste per legge, che possono obbligare l’azienda a concedere questa tipologia contrattuale ( e ad altre forme contrattuali), e concedergli una priorità nella trasformazione del contratto.
Questo obbligo del datore di lavoro alla concessione del contratto a tempo parziale si verifica quando:
- ha luogo un congedo parentale richiesto dal dipendente.
- il lavoratore sia affetto da gravi malattie degenerative croniche, che ne riducono in modo sostanziale la capacità lavorativa.
- il dipendente fa’ parte di un percorso di protezione sulla violenza di genere.
- il lavoratore dipendente si trovi nella condizione di dover assistere un familiare affetto da gravi malattie degenerative di carattere cronico.
Questa possibilità vale anche nel caso in cui si debba assistere un soggetto convivente con un handicap di invalidità al 100 per cento, un figlio convivente con un’età massima di 13 anni, o un figlio convivente affetto da handicap. In tutti questi casi, il lavoratore ha diritto alla priorità di trasformazione del contratto part time.
Si può essere licenziati in caso di rifiuto del Part Time?
Il lavoratore che rifiuta la trasformazione, proposta dal datore di lavoro, del suo contratto da tempo pieno a tempo parziale, non può essere licenziato. Questo è quanto stabilito dalla sentenza 21875/15 della Corte di Cassazione.
Affinché il licenziamento risulti illegittimo, l’azienda deve infatti dimostrare di avere delle oggettive difficoltà che impediscano di avvalersi della prestazione lavorativa a tempo pieno del lavoratore.
Dott. Carmelo Giuffrè