Configurabilità con l’articolo 319 ter Codice penale
L’articolo 319 ter del codice penale perfeziona un’autonoma ipotesi delittuosa del tutto peculiare.
Tale reato si consuma con la semplice accettazione di denaro o altra utilità, indipendentemente dal risultato della illecita prestazione concordata e dalla identità del soggetto a cui vantaggio essa concretamente refluisce. Lo scopo della norma è infatti quello di garantire che l’attività giudiziaria sia svolta imparzialmente.
Secondo l’impostazione classica (Cassazione penale sez. VI del 09 luglio 2007 n. 35118), il delitto di corruzione si configura come reato a duplice schema, principale e sussidiario: per quello principale, il reato viene commesso con due essenziali attività, strettamente legate tra loro e l’una funzionale all’altra; l’accettazione della promessa e il ricevimento dell’utilità, con il quale finisce per corrispondere il momento consumativo, versandosi in un’ipotesi assimilabile a quella del reato progressivo.
Nell’ottica dello schema sussidiario invece – che si realizza quando la promessa non viene mantenuta – il reato si perfeziona con la sola accettazione della promessa, che identifica il momento di consumazione del reato.
È necessario comprendere che, nel delitto di corruzione in atti giudiziari, la contrarietà dell’atto ai doveri di ufficio va valutata con riguardo non solo al suo contenuto, ma anche al metodo con cui a essa si perviene.
Per poter configurare correttamente tale delitto, occorre fare riferimento ad atti giudiziari che siano funzionali a procedimenti giudiziari, e dunque non solo a provvedimenti di natura giurisdizionale emanati direttamente dall’organo giudicante (cfr. in tal senso Corte Cass. Pen., n. 24349 del 19 giugno 2012).
Il tentativo del reato, consistendo la norma de qua in una fattispecie autonoma e non in una circostanza aggravante ad effetto speciale, è chiaramente compatibile con detta fattispecie, ed è configurabile allorché sia stata posta in essere la condotta tipica del reato fino alla soglia degli atti idonei diretti in modo non equivoco (l’offerta o la promessa) e l’evento non si verifichi (ad esempio per mancata accettazione).
Gli orientamenti della giurisprudenza
Ciò premesso in generale, la giurisprudenza di legittimità si è recentemente interrogata in merito alla ammissibilità in forma susseguente della fattispecie di corruzione in atti giudiziari prevista e punita dall’art. 319 ter c.p.
Le Sezioni Unite della Suprema Corte (Cass., SS.UU., 21 aprile 2010, n. 15208), dopo aver ripercorso tutte le argomentazioni sviluppate sia dalla dottrina che dalla giurisprudenza e poste a fondamento delle rispettive posizioni, pongono alla base della propria soluzione in primo luogo una argomentazione di tipo letterale.
Secondo la tesi avallata dal giudice di legittimità, l’art. 319 ter c.p. contiene un rinvio puro e semplice alle disposizioni di cui agli artt. 318 e 319 c.p., dunque, a tutti i tipi di corruzione in essi contemplati, propria (319 c.p.), impropria (318 c.p.), antecedente e susseguente.
Non solo. Non condivisibile ad avviso della Corte è la tesi (minoritaria) negativa nella parte in cui individua nella finalità di “favorire o danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo” un limite di compatibilità solo con la corruzione antecedente, laddove tale finalità presupporrebbe un preventivo accordo con il corruttore.
“La finalità”, continua la Corte “si riferisce al fatto ed il valore del profilo soggettivo diviene così preponderante ai fini della ipotizzabilità del fatto di corruzione giudiziaria da cancellare la distinzione tra atto contrario ai doveri di ufficio e atto di ufficio, rimanendo esponenziale il presupposto che l’autore del fatto sia venuto meno al dovere di imparzialità e terzietà (non solo soggettiva ma anche oggettiva) costituzionalmente presidiato, così da alterare la dialettica processuale”.
Ne consegue, pertanto, che la species di cui all’art. 319 ter non può non contenere tutti gli elementi del genus (quindi quelli integranti la corruzione propria ed impropria, antecedente e susseguente), ai quali si aggiunge l’elemento specializzante di essere commessa per favorire o danneggiare una parte”.
La forma susseguente del reato
Al riguardo giova precisare che la sussistenza di difficoltà nella dimostrazione dell’addebito contestato non impedisce la possibilità di configurare il reato di cui all’art. 319 ter c.p. anche nella forma susseguente.
In tutte le forme di corruzione antecedente (e quindi anche nella corruzione antecedente in atti giudiziari) l’atto o il comportamento del pubblico ufficiale si inserisce nel contesto di una condotta del corrotto penalmente rilevante già in itinere.
Nelle ipotesi di corruzione susseguente, invece, l’atto del pubblico ufficiale si inserisce nel contesto di una condotta che non ha ancora assunto rilevanza penale con riferimento al delitto di corruzione e che tale rilevanza assume se, successivamente all’atto o al comportamento, il pubblico ufficiale accetta denaro o altra utilità (ovvero la loro promessa) per averlo realizzato.
Pure in questo caso, comunque, si è in presenza di una strumentalizzazione della pubblica funzione, sotto l’aspetto particolare, quanto alla corruzione in atti giudiziari, di uno sviamento della giurisdizione (anche solo tentato), non essendo necessario, infatti, per il perfezionamento del reato, che la finalità avuta di mira sia conseguita.
Avv. Iacopo Correa