Gli elementi qualificanti
Il contratto di comodato è previsto e disciplinato dall’art. 1803 del codice civile.
Si tratta di un contratto reale – in quanto la norma fa riferimento alla consegna come elemento di perfezionamento del contratto stesso, non essendo a tal fine sufficiente il mero consenso delle parti – il cui carattere principale è rappresentato dal fatto di far riconoscere ad una delle parti (comodatario) da parte dell’altra (comodante) il diritto di utilizzare una specifica res per uno specifico tempo o al fine di utilizzarlo per un certo scopo: in tal modo il comodatario acquista, un diritto personale di godimento su un dato bene, mobile o immobile.
L’uso del bene deve, infatti, essere dedotto in contratto e può comprendere tutte le utilità che la cosa può dare, compresi i frutti, ovvero solo alcune delle utilità possibili.
L’art. 1809 c.c. si occupa poi dell’obbligo di restituzione, stabilendo che il comodatario deve restituire il bene alla scadenza del termine pattuito ovvero, in mancanza di determinazione dello stesso, quando si è servito della cosa in conformità a quanto stabilito nel contratto.
Il secondo comma dell’art. 1803 c.c. specifica che il contratto è essenzialmente gratuito: il sacrificio economico è, infatti, soltanto a carico del comodante, gravando sul comodatario esclusivamente gli oneri economici connessi con l’utilizzazione e la custodia della cosa.
Il rapporto di fiducia tra le parti
L’istituto trova, in via di principio, il suo fondamento in rapporti di fiducia e cortesia: il requisito della gratuità, pertanto, è talmente essenziale da incidere sulla stessa qualificazione del negozio; di fatti, tale contratto viene usualmente definito come un contratto intuitu personae, giusta applicazione dell’art. 1804 c.c., che stabilisce il divieto di concedere a terzi il godimento della cosa senza il consenso del comodante.
Secondo la tesi giurisprudenziale prevalente, il comodato è un contratto bilaterale, in base al quale sorgono obbligazioni sia a carico del comodante che del comodatario. Trattasi, però, di un contratto bilaterale particolare in quanto le obbligazioni delle parti non sono tra di loro in relazione sinallagmatica: l’obbligo di restituzione ha, infatti, l’unico scopo di ripristinare la situazione di fatto esistente prima del contratto, e non può pertanto considerarsi legata da sinallagma all’obbligo del comodante di far godere la cosa al comodatario.
Oggetto del comodato deve essere un bene inconsumabile ed infungibile, in considerazione del fatto che altrimenti non avrebbe senso la previsione dell’obbligo di restituire la stessa cosa consegnata.
La temporaneità
L’obbligo di restituzione è conseguenza del carattere temporaneo dell’attribuzione e delimita il godimento del bene da parte del comodatario: esso rappresenta l’obbligazione fondamentale e caratterizzante del contratto di comodato, atta appunto ad evidenziare la natura necessariamente temporanea del rapporto da esso scaturente.
Se, invece, non è stato convenuto un termine, né questo risulta dall’uso a cui la cosa doveva essere destinata (come nell’ipotesi in cui le parti abbiano destinato il bene ad un uso particolare), il comodatario è tenuto a restituirla non appena il comodante la richiede (ai sensi dell’articolo 1810 c.c.), indipendentemente dal sopravvenire di necessità urgenti come nel comodato a termine.
La norma mira a tutelare le esigenze del proprietario, ad impedire cioè che il bene diventi indisponibile qualora vengano meno i presupposti che hanno indotto a concederlo in godimento.
Differenza tra comodato a termine e comodato senza determinazione di durata
Ricapitolando, sono dunque configurabili due tipi di comodato:
- il comodato a termine, disciplinato dall’art. 1809 c.c.
- il comodato senza determinazione di durata, di cui all’art. 1810 c.c.
Quest’ultimo, in particolare, viene comunemente definito da dottrina e giurisprudenza come “comodato precario”, a evidenziare la maggiore labilità del vincolo che si crea ponendo in essere il negozio.
La suddetta differenza tra comodato a termine e comodato precario è stata spesso richiamata in merito alla sorte del comodato di immobile concesso da un terzo a beneficio di un nucleo familiare nel caso di separazione dei coniugi.
In caso di concessione in comodato di un immobile destinato ad abitazione familiare, è proprio l’uso cui la cosa è destinata che determina il termine implicito della durata del rapporto, la cui scadenza non è determinata, ma è strettamente correlata alla destinazione impressa ed alle finalità cui essa tende.
In tali situazioni, viene in rilievo la nozione di casa familiare quale luogo degli affetti, degli interessi e delle abitudini in cui si esprime la vita familiare e si svolge la continuità delle relazioni domestiche: proprio in forza dei caratteri di stabilità e continuità che ne costituiscono l’essenza, questo tipo di comodato si profila concettualmente incompatibile con un godimento segnato da provvisorietà ed incertezza.
Il comodato atipico in caso di necessità
Recentemente la Corte d cassazione (cfr. Cass., 12 marzo 2008, n. 6678) si è espressa sul punto affermando che nel caso in cui in un comodato immobiliare le parti prevedano che la restituzione dell’immobile da parte del comodante debba avvenire “nel caso che il comodante ne abbia necessità”, il contratto si configura come figura atipica che non è riconducibile né al modello legale del comodato a termine, né a quello del comodato senza limitazione di durata, quali espressi rispettivamente nelle norme dell’art. 1809 e 1810 c.c.
Si tratterebbe del contratto di comodato “atipico”, da intendersi convenuto senza determinazione di tempo; il potere del comodante di richiedere la restituzione del bene, pertanto, può esercitarsi solo in presenza di una necessità effettiva di utilizzazione dell’immobile che, in quanto incompatibile con il protrarsi del godimento da parte del comodatario, deve essere prospettata nel negozio di recesso e, in caso di contestazione, dimostrata dallo stesso comodante.
La Corte di Cassazione crea un vero e proprio tertium genus di comodato che dovrebbe collocarsi come una figura intermedia tra il comodato legale (art. 1809, comma 2, c.c.) e il comodato precario art. 1810 c.c.).
La possibilità per le parti di dar vita ad un contratto atipico di comodato trova il suo fondamento nell’art. 1322 c.c., che consente ai contraenti di scegliere lo strumento negoziale più idoneo al conseguimento delle proprie finalità, purché gli interessi dagli stessi perseguiti siano considerati meritevoli di tutela da parte dell’ordinamento.
In questo caso, lo stato di necessità del comodante degno di considerazione è, dunque, ravvisabile esclusivamente nel conseguimento della materiale disponibilità dell’immobile per utilizzarlo in qualche maniera che implichi una facoltà di godimento dello stesso.
Avv. Iacopo Correa