Anche il Comune può commettere errori
Anche se apparentemente sembra un quesito banale, non sempre è semplice identificare se una via sia pubblica o privata.
Come affermato ripetutamente dalla giurisprudenza amministrativa, è necessario andare oltre, infatti, sul possibile inserimento della strada di riferimento all’interno dell’elenco di quelle comunali, come previsto dall’articolo 7 della legge 12 febbraio 1958, n. 126, normativa che pone una presunzione (non assoluta) del suo carattere pubblicistico (cfr. Consiglio di Stato, sezione IV, 10 ottobre 2018, n. 5820).
Altro elemento centrale è dato dalla verifica della esistenza o meno della segnaletica stradale, della illuminazione pubblica, ovvero di tracciati pubblici urbani; essi sono senza dubbio alcuno elementi indiziari per poter conseguire un riconoscimento qualitativo dell’ordinato assetto del territorio comunale all’interno del centro abitato (cfr. in tal senso l’orientamento cristallizzatosi nel tempo espresso dal T.A.R., Lazio, sezione II, 19 marzo 1990, n. 729).
Alla stregua delle considerazioni sopra esposte, una Amministrazione che voglia far emergere il carattere pubblicistico di una strada (anche a seguito di un ricorso giurisdizionale), non può suffragare la sua tesi rimarcando in maniera apodittica la generica inesistenza di un interesse collettivo all’impiego della strada, ma occorre che dia prova documentale di tale assunto.
Sul punto, l’indirizzo della unanime giurisprudenza ordinaria e amministrativa ha decretato l’efficacia meramente dichiarativa della inclusione di una via all’interno della lista delle strade pubbliche; si tratterebbe, in effetti, di una presunzione semplice (iuris tantum) collegata alla pubblicità del suo utilizzo, in quanto tale vincibile con lo strumento della prova contraria che può essere fornita secondo quanto generalmente affermato dalle disposizioni del codice civile che regolano il diritto di proprietà e dei diritti reali di godimento (cfr. ex plurimis Cassazione civile, sezioni unite, 23 dicembre 2016, n. 26897; Consiglio di Stato, 19 marzo 2015, n. 1515).
Infatti, ai sensi del combinato disposto degli articoli 822, comma 2, 823, 824 e 825 del codice civile (che disciplinano il demanio stradale del Comune ed il suo presupposto giuridico), tali diritti, finanche il diritto reale di servitù, presuppongono l’esistenza di titolo astrattamente idoneo a qualificare una strada come pubblica, piuttosto che privata.
L’onere di provare la esistenza dei requisiti segnalati incombe inevitabilmente sulla p.A.
La quaestio juris riguardante la possibilità di ricondurre una via verso un carattere prettamente pubblicistico è stata esaminata in molteplici occasioni anche in ambito dottrinale.
Orbene, una Amministrazione comunale, per poter attribuire la natura demaniale ad una strada privata, ha necessità di comprovare l’avvenuta acquisizione della proprietà del suolo pertinente; in mancanza, la sua semplice registrazione nell’elenco delle strade comunali non si appalesa sufficiente a suffragare la spettanza della strada nella proprietà del Comune.
Il suddetto inserimento nel registro non può compromettere situazioni giuridiche soggettive concernenti l’eventuale diritto di proprietà del suolo di un privato; e nemmeno il carattere pubblico di una via può essere ricavato prospettando o ipotizzando generali disposizioni di indirizzo programmatico nella gestione del governo del territorio, giusta la realizzazione sulla stessa del transito di cittadini, ovvero dall’esternazione estemporanea di attività amministrative generali che si susseguono a volte anche a distanza di anni l’una dall’altra.
In altre occasioni è stato affermato che la semplice possibilità di transitare non è bastevole per connotare una strada del carattere pubblico; solo dalla concreta emersione documentale del diritto di proprietà demaniale comunale o la materiale apposizione del vincolo di destinazione pubblico alla strada, è in grado di dare contezza della natura pubblica della res (cfr. sul punto controverso, Consiglio di Stato, sezione VI, n. 4952 del 8 ottobre 2013).
Conclusioni
In definitiva, non sempre vi sono prove certe capaci di dimostrare il carattere pubblico o privato di una strada; il tutto con inevitabili ripercussioni sul concreto affidamento dei cittadini da parte delle Amministrazioni pubbliche, che potrebbero ingenerare nel tempo l’idea di destinazione pubblica di un bene che, al contrario rientrerebbe pienamente e in materia legittima nella sua proprietà, a causa del portato di comportamenti univoci tenuti dalla p.A., ritenutasi asseritamente proprietaria.
Anche se brevemente è possibile trarre spunto da quanto appena esposto e affermare che per qualificare una strada è necessario esaminare le sue concrete condizioni, la sua specifica attitudine a poter soddisfare bisogni primari di interesse collettivo, l’esistenza di un titolo capace di sostenere il perdurare nel tempo l’utilizzo della componente pubblica o privata (cfr. T.A.R. Puglia – Lecce, sez. I, n. 297, 11 febbraio 2013).
Avv. Iacopo Correa