La responsabilità penale dell’obbligato
Tra gli effetti della separazione
La separazione dei coniugi comporta effetti non solo sui rapporti personali ma anche sui rapporti patrimoniali intercorrenti tra gli stessi. In particolare, il c.d. assegno di mantenimento concretizza l’obbligo al sostentamento che può sorgere in capo ad uno dei coniugi ed a vantaggio dell’altro, in conseguenza della separazione ed in presenza di alcuni presupposti.
Il riferimento normativo in materia è costituito dall’art.156 c.c. che individua come presupposti per il sorgere del diritto al mantenimento la non addebitabilità della separazione al coniuge richiedente e l’inadeguatezza dei redditi dello stesso.
In ordine al primo presupposto, ai sensi dell’art.151 del codice civile, il giudice, su domanda di parte, può addebitare la separazione ad uno dei coniugi in considerazione della contrarietà del suo comportamento ai doveri matrimoniali e dell’efficacia causale dello stesso rispetto alla crisi del rapporto coniugale. Detta dichiarazione esclude il diritto al mantenimento.
L’adeguatezza dei redditi e le potenzialità economiche
La giurisprudenza ha avuto modo di specificare, mediante numerose pronunce, il significato del secondo criterio, chiarendo che il parametro di riferimento per valutare l’adeguatezza dei redditi del richiedente è costituito dalle potenzialità economiche complessive dei coniugi durante il matrimonio. In altre parole, affinché il giudice possa disporre la separazione con il diritto di uno dei coniugi all’assegno di mantenimento, lo stesso coniuge non deve essere titolare di redditi tali da consentirgli di mantenere un tenore di vita analogo a quello possibile in costanza del matrimonio. Non bisogna sottovalutare l’utilizzo, da parte della più attenta giurisprudenza, del concetto di “potenzialità” economiche, che sposta l’attenzione dal tenore di vita tenuto dai coniugi durante il matrimonio al tenore di vita che i coniugi avrebbero potuto tenere. Pertanto, il più modesto tenore di vita tollerato o subito dal coniuge non ha rilevanza ai fini della valutazione dell’adeguatezza dei redditi.
L’inadeguatezza dei redditi deve essere, inoltre, accompagnata dalla sussistenza di una disparità economica tra i coniugi. D’altra parte, le condizioni economiche del coniuge obbligato sono prese in considerazione dal secondo comma dell’art.156 c.c. per la determinazione della misura, quindi l’importo dell’assegno di mantenimento. Il legislatore codicistico, difatti, parametra il quantum dell’obbligazione alle circostanze ed ai redditi dell’obbligato.
Il giudice, pertanto, accertato il diritto all’assegno di mantenimento, deve accertare le disponibilità economiche del coniuge a carico del quale pone l’obbligo al mantenimento, prendendo in considerazione non solo i redditi netti, emergenti dalla documentazione fiscale, ma anche gli altri elementi suscettibili di valutazione economica e tali da incidere sulle condizioni dell’onerato.
In questo senso è stato interpretato dalla giurisprudenza il concetto di “circostanze”, che è stato identificato, ad esempio, nelle maggiori spese a cui può andare incontro il coniuge obbligato in presenza di un provvedimento di assegnazione della casa coniugale al coniuge beneficiato.
L’importo e la durata del matrimonio
Infine, anche se non costituiscono parametri espressamente previsti dalla norma, come accade, invece, per l’assegno di divorzio, la giurisprudenza prende in considerazione, al fine di stabilire l’importo dell’assegno di mantenimento, anche la durata del matrimonio ed il contributo apportato dal coniuge beneficiario alla formazione del patrimonio dell’altro coniuge.
L’assegno di mantenimento, così determinato, può essere oggetto di revisione, in quanto l’art.156 c.c. prevede la facoltà di chiedere la revoca o la modifica del provvedimento che lo dispone, nel caso in cui sopravvengano giustificati motivi.
I mezzi di tutela e il pericolo di inadempimento
A questo punto della trattazione, risulta opportuno soffermarsi sui mezzi di tutela previsti dall’ordinamento per l’ipotesi, purtroppo non infrequente oggidì, di inadempienza del coniuge obbligato.
In via preventiva, innanzitutto, il legislatore codicistico prevede che il giudice, in presenza di un oggettivo pericolo di inadempimento, possa ordinare all’obbligato di prestare un’idonea garanzia reale o personale. Inoltre, il coniuge beneficiario dell’assegno potrà, comunque, fare affidamento sugli eventuali beni immobili dell’altro coniuge, in quanto può iscrivervi ipoteca giudiziale. La sentenza di separazione, infatti, è titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale ai sensi dell’art.2818 del codice civile.
Nel caso in cui il coniuge obbligato non adempia, inoltre, il giudice, su istanza di parte, può disporre il sequestro parziale dei beni dello stesso nonché ordinare ai terzi, tenuti a corrispondere somme di danaro all’obbligato, che una parte di queste venga versata direttamente agli aventi diritto. Nonostante il tenore letterale della norma, per il vero, si deve segnalare che la giurisprudenza si è ripetutamente espressa nel senso che il giudice possa anche disporre il pagamento dell’intera somma dovuta dal terzo.
La responsabilità penale
In conclusione, per completezza espositiva, risulta opportuno un breve accenno al profilo dell’eventuale responsabilità penale dell’obbligato inadempiente. Il riferimento normativo è da ricercare nell’art.570, comma 2, n.2 c.p., che sanziona la condotta di chi fa mancare i mezzi di sussistenza, tra gli altri, «al coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa»
Dalla lettura della norma emerge chiaramente l’assenza di una diretta corrispondenza tra la fattispecie astratta ivi descritta e la condotta del coniuge che non adempia al versamento dell’assegno di mantenimento. In altre parole, la mancata corresponsione dell’assegno non comporta necessariamente ed automaticamente la responsabilità penale dell’obbligato, salvo che ad essa si accompagni il venir meno, per il coniuge beneficiario, dei mezzi di sussistenza.
Avvocato Ilaria Golia