Una minaccia ai diritti di libertà dei cittadini?
Nelle ultime ore sta facendo molto discutere l’applicazione “IMMUNI”, un sistema digitale installabile sui telefonini dei cittadini ed in grado di tracciare i contatti fra gli stessi al fine di tentare di arginare il dilagare dell’epidemia di Covid-19.
La domanda che sorge spontanea è quali sono i limiti oltre i quali lo Stato può spingersi per tutelare la salute pubblica ex art. 32 Cost.
Applicazioni di Stato e riservatezza
Questa emergenza sta facendo sorgere una pluralità di problematiche a livello giuridico mai poste fino a questo momento.
Si è pensato infatti di sviluppare un’applicazione affidata ad una società privata, ma di fatto controllata e gestita dallo Stato, per tracciare i movimenti dei cittadini e risalire ad eventuali contatti avuti con soggetti affetti da Covid-19.
Il primo grande problema che si pone è il tracciamento dei movimenti dei cittadini da parte dello Stato. Siamo certamente abituati in quest’era moderna a cedere porzioni della nostra privacy per accedere a risorse digitali si pensi a Google Maps, Facebook o Instagram. La grande novità qui però è quella di un tracciamento dei movimenti a livello centralizzato.
La domanda è: lo Stato può monitorare gli spostamenti dei cittadini in virtù della tutela del diritto alla salute? È possibile pregiudicare il diritto alla riservatezza e soprattutto veder limitata la propria libertà di movimento ex art. 32 Cost.?
La risposta non è agevole dal momento che queste problematiche risultano del tutto nuove al nostro legislatore.
Certamente appare legale la possibilità di scaricare in modo del tutto facoltativo e volontario un’applicazione che risponda pienamente agli standard europei di privacy e regolamentata da una legge o un atto avente forza di legge (decreto legislativo, decreto legge).
La proposta (bocciata) di limitare i movimenti dei cittadini che non scaricano l’app.
Il grandissimo problema di legalità è sorto quando il commissario straordinario per le emergenze ha proposto la facoltatività dell’applicazione pena però la limitazione dei movimenti dei cittadini che liberamente non ne vogliono usufruire.
Naturalmente la proposta non ha trovato alcun seguito, ma da giurista ritengo che già solo l’idea di dare vita ad un sistema di tracciamenti digitali con una velata obbligatorietà sia davvero preoccupante sotto diversi aspetti.
In primo luogo risulta spaventoso il fatto che la proposta di un’eventuale obbligatorietà velata provenga da un commissario straordinario e non dal Parlamento; infatti nel nostro ordinamento giuridico il potere di limitare i diritti di libertà tra cui quello di movimento ex art. 16 Cost. spetta esclusivamente al Parlamento, espressione della volontà popolare, mediante l’approvazione di una legge o al Governo mediante l’approvazione di decreti legge e decreti legislativi.
L’esecutivo non ha nessun potere di fare proposte di tal fatta. La nostra Costituzione ha previsto dei meccanismi di limitazione dei diritti fondamentali dei cittadini cd. rinforzati proprio per evitare l’arbitrarietà dell’esecutivo nella limitazione dei diritti fondanti l’ordine democratico Italiano ed Europeo.
D’altronde la nostra carta costituzionale ha tra le molteplici finalità quella di reprimere qualsiasi potere totalitario che voglia comprimere in maniera sproporzionata i diritti fondamentali dei cittadini.
Il secondo problema che si pone è quello di dover bilanciare e contemperare la tutela del diritto alla salute con gli altri diritti parimenti importanti e fondamentali che non possono e non devono essere pregiudicati da un’emergenza.
La tracciabilità dei movimenti dei cittadini su base volontaria effettuata da un’applicazione disciplinata da atti aventi natura amministrativa ed i cui risultati non hanno alcuna prova ed evidenza scientifica è davvero preoccupante. Tutto ciò merita un particolare approfondimento.
Le preoccupazioni infatti sono state già da tempo sollevate da eminenti giuristi e costituzionalisti.
Le linee guida dettate dall’Unione Europea
L’Unione europea ha dettato delle regole ben precise per poter dare avvio alle applicazioni che monitorano i contatti fra cittadini e che quindi sono in grado di ricostruire e risalire agli eventuali contatti avuti. Il presupposto fondamentale è il rispetto della normativa in tema di privacy così cara all’Unione Europea e che ha ricevuto una definitiva disciplina con il GDPR.
Importante è che i sistemi digitali vengano realizzati attraverso la collaborazione con le autorità sanitarie. L’installazione deve inoltre avvenire su base volontaria essendo impensabile, per le ragioni su esposte, un tracciamento obbligatorio dei movimenti dei cittadini da parte degli Stati. I dati devono essere anonimi così da impedire di risalire all’identità delle persone. Devono inoltre funzionare non solo in territorio nazionale, ma essere funzionanti anche nei territori degli altri Stati membri dell’Ue. È da preferire l’impiego di strumenti invasivi il meno possibile della riservatezza dei cittadini così quindi da scartare l’idea di una geolocalizzazione e prediligere il tracciamento mediante bluetooth.
Osservazioni conclusive
In conclusione l’emergenza sanitaria sta portando alla luce delle nuove problematiche giuridiche a cui non è facile dare una soluzione ed una risposta univoca.
Privacy o salute? Libertà personale o controllo centralizzato?
Dott.ssa Giulia Mancino